1) I Tenebra nascono nel 2017 e molti dei vostri componenti gravitano attorno alla scena punk hardcore bolognese o a generi più estremi. Da dove nasce la necessità di questo viaggio alla riscoperta delle radici settantiane della musica pesante?
Claudio: Musicalmente, l'hardcore, il punk, il metal, sono sottogeneri del rock. Fatto salvo certi esperimenti che, in qualche modo, sfociano nella musica d'avanguardia (basti pensare a Mick Harris dei Napalm Death) anche la musica estrema sfrutta in parte la teoria, la tecnica e la strumentazione che usava Chuck Berry. Tutto questo preambolo per dire che, prima o poi, se sei appassionato di musica, la curiosità di scoprire su cosa è nata la tua piccola sottocultura, ti viene. Poi, senza volere scadere nella retorica dei "grandi maestri", la cosa che secondo me affascina di più della musica anni '60 e '70 è che, dato che era un mondo in fieri, c' era una libertà musicale che, appunto, con i sottogeneri e le sottoculture, si è un po' persa. Ecco, a noi, suonare così ci dà il permesso di spaziare di più tra i generi di come potresti fare in ambiti più codificati.
2) Abbiamo avuto il piacere di vedervi live a Cagliari e di scambiare quattro chiacchiere con voi. Vorremmo tornare sull’interessante teoria di Emilio sulla connessione tra grunge e revival 70iano. Parlatecene qui.
Emilio: Premesso che "grunge" è un termine generico, penso che la cosa che avevano in comune i gruppi del "pacific northwest" fosse proprio l'essere partiti dal circuito DIY (almeno molti di quelle band) e avere poi preso ampiamente dal classic rock. I Nirvana hanno giocato con i Beatles, i Soundgarden venivano anche chiamati "Led Sabbath", i Mudhoney erano ossessionati dal garage locale, i Melvins pescavano a piene mani dal rifferama di Masters of Reality e i primi Screaming Trees avevano molto a che fare con la psichedelia acida di San Francisco.
Oggi è la norma, ma quella scena ha abbattuto definitivamente il tabù del punk nei confronti del rock precedente al punk, quello che, polemicamente, i punk inglesi chiamavano “dinosaur music”. Non sono stati gli unici, il rock underground americano ribolliva di questa ibridazione dai primi '80, ma furono quelli che lo fecero definitivamente.
3) Tornando sull’argomento live e vibes legate al vostro concerto, concordiamo nell’affermare che siano state molto punk con un live serratissimo e senza momenti morti. Quanto c’è di conscio e di inconscio in questa scelta? Ci sono ancora delle realtà punk hardcore che meritano una menzione?
Emilio: Il fatto è che a Silvia non piace molto parlare ed è l’unica col microfono in mano!
A parte gli scherzi, è una cosa voluta, ci piace che nella setlist i pezzi si compenetrino l’uno nell’altro: in questo modo riusciamo a suonare una o due canzoni in più.
Almeno personalmente ai concerti mi piace andare ad ascoltare la musica e francamente tra i social e le interviste ogni band ha enorme spazio per esprimere le proprie opinioni. A me poi il declama politico al concerto mi è sempre sembrato un po’ svilente rispetto all’argomento trattato, perché diventa parte dello show, diventa spettacolo e penso che mai come adesso la politica, a tutti i livelli, avrebbe bisogno di una forte dose di serietà.
Ci sono ancora tantissime band punk, hardcore e “mutanti”, ma comunque legate al DIY, validissime: I Marnero, i Lleroy, le Hyle, Call The Cops, Methedrine, Cancer Spreading, Fanteria di Prima Linea, Antares… E la lista potrebbe continuare per giorni.
Poi c’è il fatto che il circuito punk/diy, di fatto, in Italia, rappresenta l’underground nella sua totalità. È l’unica realtà che offre spazi dove suonare pure per chi è alle primissime armi e una rete di contatti, ma anche di competenze (etichette, promoter, grafici) di buon livello. Se esiste un underground popolato, qui da noi, lo si deve al punk hardcore
4) MoonGazer è davvero un disco interessante, che riesce a catturare quel senso di liminalità di bands proto-metal come May Blitz, Jerusalem e Wishbone Ash, tra astrazione prog e muscolarità blues, dipingendo degli scenari conosciuti ma al tempo stesso intimi. Volete raccontarci come è stato registrato e concepito? Una menzione speciale va alla cover art di Marcello Crescenzi, che ricorda una versione aliena di Winsor Mcay cosi come il layout curato dal vostro batterista Mesca, anche nel precedente GEN NERO c’era il vostro zampino grafico. Oltre alla storia sonora raccontateci, anche la storia visiva dei Tenebra.
Mesca: Beh, intanto grazie!
Il disco è stato scritto, al 70%, prima della pandemia, poi purtroppo è iniziato il covid e gli ultimi 3 pezzi li abbiamo composti palleggiandoci qualche demo via email. Le registrazioni delle tracce base, basso, chitarra e batteria, sono avvenute in presa diretta, durante il primo allentamento delle restrizioni, in 4 giorni, in uno studiolo qua sull’appennino vicino Bologna. Gli overdubs e le voci li abbiamo fatti schivando altri periodi di distanziamento sociale, un po’ in sala prove, un po’ nell’home studio di Emilio, che ha gestito tutte le sessioni. Insomma è stata una gestazione un po’ travagliata, che però ci ha dato modo di avere molto tempo per arricchire gli arrangiamenti e inserire qualche ospite, tra cui voglio citare Gary Lee Conner degli Screaming Trees che fa un assolo di chitarra su Moon Maiden.
Marcello è un amico da sempre, realizzò anche una copertina per un altro mio gruppo, gli ED, tanti anni fa. È stata una scelta naturale perché oltre ad essere bravissimo ha avuto un’evoluzione piuttosto simile alla nostra: dal punk al classic/hard rock e quindi volevamo che fosse della partita.
Sia io che Emilio, di mestiere, ci occupiamo di grafica, anche se lui è più spostato verso i video, infatti ha realizzato quattro clip per la band.
Non credo esistano delle linee guida precise per l’immagine della band, semplicemente mischiamo le cose che ci piacciono: un po’ di temi oscuri, un po’ di psichedelia, l’amore per il liberty (quanto bel liberty che avete a Cagliari!), la pasta fotografica del Super8. Credo ci piaccia così: essere un po’ un mix di cose, anche nel modo di vestire secondo me si vede
5) La domanda signature di xUndisputed Attitudex: prendete i 5 (o più) dischi che vi rappresentano e scriveteci due righe su ognuno.
(risposta collettiva)
- Jerusalem - S/T: perché è un disco grezzo, con un songwriting acerbo, ma delle melodie indimenticabili.
- King Crimson - Red: Qui il songwriting è maturissimo, ma rimangono le melodie e le armonie stellari: un disco che ti prende per mano e ti porta via.
- Bad Brains - Roir Tape: Perché demolisce il luogo comune che nel punk non si sapesse suonare.
- Skip James - Today!: Qui Skip, oramai sessantenne, rilegge il suo repertorio con la classe e la maturità di un adulto, ma con una verve completamente luciferina: commovente.
- Roky Erickson - The Evil One Plus One: Perché è il disco di un hippy che si misura con i suoi demoni, finendo per fare un album super heavy ("Night of the Vampire" l’hanno coverizzata pure gli Entombed) e perché Roky spaccava tutto.
6) Il vostro EP “What We Do is Sacred” si chiude con la mitica “Primitive Man” dei Jerusalem. Di tutto questo filone proto-metal cosa vi colpisce e cosa vi porta a riscoprire un disco magari sottovalutato?
Claudio: Come si diceva poco sopra, in particolare, l’unico disco dei Jerusalem è interessante perché è la fotografia di una band per certi versi ancora acerba, ma con tante idee ed energia da mettere sul tavolo. Quell’album è sostanzialmente l’antitesi di come viene fatta la musica oggi: la scrittura è grezza, ma potente, ci sono un sacco di imprecisioni, il suono è poco rifinito, ma le canzoni sono potenti e ti rimangono in testa. Ecco, a me il rock piace così, quando sento che un disco è super editato e iperprodotto è come se togliessero la linfa vitale alla musica. A cavallo tra anni ‘60 e ‘70, anche per motivazioni tecniche, i dischi suonavano molto più selvaggi e diretti e, almeno per me, questo è uno degli aspetti che preferisco di quella stagione.
7) Il doom, il rock di matrice settantiana e lo stoner sembrano vivere una seconda vita e anche in Italia sono in ascesa gruppi come i Messa, Ossuary o realtà affermate come Black Capricorn o Doomraiser. Come vedete questo nuovo interesse per generi che venivano chiamati “scontati “ fino a qualche anno fa?
Mesca: Secondo me, al di là del genere che si suona, contano le canzoni e la musica. I gruppi che citi scrivono buona musica. Poi le mode sono cicliche, quando esplose il primo stoner rock, ad inizio anni ‘90, con gruppi come Kyuss, Fu Manchu e Sleep un sacco di gente storceva il naso perché lo trovavano un fenomeno prettamente revivalistico, eppure tutte le band che ho citato sono, ancora oggi, fenomeni assolutamente di culto. Il fatto è che la loro musica è buona e schietta e questa cosa vale sia che suoni con il Marshall a 11, sia che tu esegua il tuo repertorio con un pianoforte.
8) Bologna era “la città più libera del mondo”, ma ultimamente chi ci vive sembra dare un’immagine di una città tarlata dalla gentrificazione e difficilmente vivibile, oltre che svuotata di quella dinamica antagonista che era il suo marchio di fabbrica. Voi che Bologna avete vissuto e che Bologna state vivendo?
Emilio: Bologna è una città molto cambiata negli ultimi dieci anni. Le amministrazioni locali hanno optato per renderla un salottino turistico mordi e fuggi e quindi di “ripulirla” di qualsiasi elemento che potesse incrinare la superficie della città/vetrina.
Purtroppo, tutta una serie di tipologie di luoghi che avevano reso Bologna culturalmente rilevante a livello internazionale (per dire, ad Atlantide Occupata, un posto a noi molto caro, un sacco di band straniere, anche grosse, pretendevano di fare una data dei loro tour, perché spaccava così tanto), sono stati prima lungamente osteggiati, poi sgomberati.
D’altronde cosa si può pretendere da un sindaco che inaugura orgogliosamente la mostra delle sculture kitsch della moglie di Marco Di Vaio (un ex giocatore, poi dirigente del Bologna calcio) e che si fa fotografare felicemente con influencer da quattro soldi?
Poi intendiamoci, la città è ancora molto viva, i club, anche piccoli ed economici, ci sono, ma quelle infrastrutture creative che erano potenzialmente alla portata di tutti sono scomparse. Rimane la gente in gamba, finché dura.
9) In “Moongazer” sono assenti i testi, mentre i titoli delle canzoni sembrano rimandare a delle tematiche spaziali o quasi extracorporee. Vi va di raccontarci l’immaginario dei Tenebra, che sembra slegarsi molto dall’immaginario zolfo e fiamme tipico di un certo filone?
Silvia: I testi trattano principalmente di cose personali e di sensazioni, anche se magari rappresentate in maniera allegorica. Li scrivo con un occhio rivolto a quando verranno suonati dal vivo, alle emozioni che potranno trasmettermi quando sarò sul palco. Molti dei riferimenti vengono da autori anglofoni a cavallo tra XVIII e XIX secolo come Percy Shelley, William Blake, Charlotte Perkins Gilman e molti altri.Parte dell’ispirazione arriva anche da certi pamphlet e volantini anni ‘60 e ‘70 che ho trovato nei mercatini dell’usato. L’occultismo propriamente detto non fa parte del mio immaginario. Visivamente abbiamo usato spesso un panorama esoterico, che si rifà alle stampe del XVI secolo, però non ci riteniamo per niente una band “occult”, anzi, tutto sommato, siamo persone abbastanza illuministe, scientifiche direi!
10) Consigliateci un po’ di band vostre amiche che ci siamo persi.
Mesca: Già la nostra sala prove è un ottimo ricettacolo di super band. Ci sono i Chow, gli Shrieking Demons, i WasteCult. Poi ci sono tutte le “altre” band in cui suoniamo, io con Horror Vacui ed Ed, Claudio con gli Assumption.
Sempre del giro Assumption/Giorgio Trombino ci sono i Bottomless e i Becerus.
Poi mi vengono in mente band con le quali abbiamo suonato, tipo gli Hemp e i Fakir Thongs. Poi i già nominati Marnero, Lleroy, Antares. Poi la smetto qui perché se no finiamo domani!
11) Spazio libero. Grazie per il vostro tempo!
Silvia: Grazie a voi per questa intervista! Ci è piaciuto molto suonare in Sardegna, speriamo ci sia occasione di tornare prima o poi!
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